Gli psicofarmaci peggiorano gli esiti dei disturbi?
Nella mia pratica clinica, in qualità di specialista in psicologia a Casale Monferrato, in più di trent’anni di esperienza, ho avuto modo di affrontare moltissimi casi, anche se devo ammettere che la maggior frequenza di richiesta di intervento si potrebbe dividere più o meno equamente, fra ansia, panico e depressione.
Quasi sempre, tutti i pazienti erano ricorsi, ancor prima di richiedere il mio intervento, all’assunzione di psicofarmaci o ansiolitici, nei confronti dei quali ho sviluppato un forte senso di repulsione, legata al fatto per cui i pazienti stessi che ne facevano uso ne parlavano come di un qualcosa che non fa guarire, anzi peggiora.
Infatti l’assunzione di psicofarmaci aumenta o diversifica alcuni sintomi, ma è come se ci si sentisse obbligati ad assumere, perché, una volta entrati in questo circolo vizioso, è pressoché impossibile uscirne.
Ho elaborato, infatti, proprio a questo proposito, una tecnica che ho denominato “somatopsichica”, proprio perché penso che sia prima di tutto necessario liberare il corpo.
“Soma”, appunto, dai sintomi che ci impediscono di ragionare, attraverso una tecnica sana, in quanto basata su esercizi di percezione, senza, al contrario, cercare di non sentire il dolore che proviene dal corpo, attraverso l’uso di sostanze il cui scopo è quello di diminuire la percezione che ci proviene da esso.
Ho cercato, sempre, di spiegare che attraverso questa “tecnica somatopsichica” non possono esserci effetti collaterali o indesiderati mentre con gli ansiolitici e con gli psicofarmaci, purtroppo sì.
Tuttavia il mio tentativo, avendo a che fare con persone disperate e alla ricerca di una soluzione, ho sempre cercato di fornire solo ed esclusivamente indicazioni scientifiche corrette, clinicamente dimostrate, nonché suffragate da dati inconfutabili, perché credo che per essere di aiuto agli altri, sia giusto segnalare sempre e comunque, solo ciò che è, probabilmente vero e incontestabile e, a questo proposito, vorrei citare, ancora una volta, Robert Whitaker da “Indagine su un’epidemia”, edito Giovanni Fiorini Editore.
“Le ragioni dell’epidemia”
Con gli psicofarmaci si risolve un problema per un certo periodo di tempo, ma poi si scopre che i problemi sono due. Il trattamento trasforma un periodo di crisi in una malattia mentale cronica. Amy Upham (2009).
Certamente conoscete questa celebre illusione ottica, che viene chiamata “la giovane donna e la vecchia strega”: a seconda di come la si guardi, si può vedere il profilo di una giovane donna oppure quello di una vecchia strega.
Questa immagine ci porta a capire che la nostra percezione personale di un oggetto può improvvisamente rovesciarsi e, in un certo senso, le due versioni della stessa storia che noi abbiamo confrontato e approfondito hanno la stessa curiosa caratteristica.
C’è la versione “giovane donna” dell’era degli psicofarmaci, a cui crede la maggior parte della società americana, secondo cui c’è stato un progresso rivoluzionario nel trattamento dei disturbi mentali, e la versione “vecchia strega” in base alla quale una forma specifica di trattamento è responsabile di un’epidemia di disabilità psichiatrica persistente.
Ci è stato detto che gli ospedali psichiatrici erano pieni di pazzi scatenati
Poi, però, i ricercatori scoprirono un farmaco antipsicotico, la clorpromazina, che rese possibile sia la chiusura di quei fatiscenti ospedali psichiatrici statali, sia il trattamento degli schizofrenici nella comunità.
Subito dopo i ricercatori identificarono farmaci ad azione ansiolitica e antidepressiva, e una pillola miracolosa, il litio, per il disturbo bipolare.
Gli studi scientifici confermarono che i farmaci funzionavano bene: negli studi clinici randomizzati venne dimostrato che questi farmaci producevano il miglioramento di un sintomo bersaglio in misura superiore al placebo, a breve termine.
Infine, gli psichiatri verificarono l’efficacia dei loro farmaci: li prescrivevano ai loro pazienti e, spesso, i sintomi si riducevano.
Se i pazienti ne interrompevano l’assunzione, i sintomi tendevano, spesso, a ripresentarsi.
Questo decorso clinico, con una riduzione dei sintomi iniziali e una ricaduta in seguito dell’interruzione dei farmaci diede ai pazienti un motivo per dire: “Ho bisogno dei farmaci. Se voglio star bene, non posso farne a meno.”
La versione “vecchia strega” di questa stessa epoca (di affermazione degli psicofarmaci) nasce da una rilettura più attenta dei dati storici e da una revisione più accurata dei dati della letteratura scientifica.
Il riesame dei dati storici ci ha consentito di capire che le massicce dimissioni degli schizofrenici cronici (dagli ospedali psichiatrici) era riconducibile all’attuazione della riforma sanitaria (Medicare e Medicaid) della metà degli anni 60, e non all’introduzione della clorpromazina e degli antipsicotici di prima generazione.
Questi farmaci, poi, non erano stati il frutto di una svolta sul piano scientifico: erano il prodotto di studi condotti su alcuni anestetici e antimicrobici, di cui si era scoperto che avevano particolari effetti collaterali.
Nel corso dei trent’anni successivi i ricercatori hanno chiarito che l’azione dei farmaci consiste nel modificare il normale funzionamento delle vie neuroni cerebrali.
Il cervello reagisce con una serie di “adattamenti compensatori” con cui tenta di far fronte agli effetti perturbanti del farmaco sui propri sistemi di trasmissione: ciò significa che comincia a funzionare in “modo anormale”.
Anziché rimettere a posto degli squilibri chimici cerebrali, il farmaco li crea ex novo. I ricercatori sono stati in grado di fornire spiegazioni biologiche di questo effetto paradossale dei farmaci a lungo termine.
Queste sono le due possibili versioni della rivoluzione farmacologica. Se si guarda a questi farmaci come agenti specifici “anti-disturbo” e ci si concentra sui soli risultati a breve termine, allora è la “giovane donna” che emerge nel disegno.
Se pensate invece ai farmaci come a dei “destabilizzatori chimici” e vi concentrate sugli esiti a lungo termine, allora vi apparirà la “vecchia strega”. Si possono vedere entrambe le immagini, a seconda della direzione del vostro sguardo.