Il contratto terapeutico in psicoterapia
Il termine “contratto” non si addice molto alla psicoterapia, in quanto rimanda immediatamente al salone di un concessionario automobilistico, oppure all’acquisto di un elettrodomestico e quindi ad una dimensione mercenaria dell’uomo.
Il contratto in psicoterapia per affrontare i piccoli equivoci
Scendendo sul terreno concreto, in pratica, lo psicoterapeuta dovrà chiarire al potenziale paziente che la psicoterapia è un lavoro che si basa sulla collaborazione fra due persone e che l’eventuale “guarigione” che, in psicoterapia, e questo va specificato, deve essere intesa come “cambiamento”, avverrà tramite la partecipazione attiva del paziente stesso.
Infatti, il lavoro consisterà nell’analisi delle componenti elettive, ovvero razionali ed emotive della sua personalità, per cui la durata non sarà mai esattamente prevedibile, anche se ogni forma di intervento ha sempre una durata media, indicava per ogni singolo caso specifico, che può dare, anche se molto orientativamente, un’idea di massima sull’impegno richiesto.
In qualità di psicologo a Novara, ritengo che la competenza dello psicoterapeuta debba consistere nel come saper aiutare un paziente a ritrovare le radici dei propri blocchi e conflitti, significa saper comprendere l’altro aiutandolo a capire quello che è necessario rispetto ai problemi per i quali ha richiesto l’aiuto.
Per questi motivi saranno necessari uno o più colloqui orientativi prima di arrivare ad un impegno contrattuale definito, perché lo psicoterapeuta ed il potenziale paziente devono conoscersi e lo psicoterapeuta deve avere il tempo sufficiente per valutare le problematiche di chi ha di fronte, per decidere di cosa ha bisogno.
Il terapeuta fornirà informazioni chiare ed esaurienti
Questo rispetto alle legittime richieste da parte del paziente riguardo la natura della psicoterapia, la durata media dell’intervento ed ai suoi costi, illustrando realisticamente i fini ed i possibili risultati del suo metodo di trattamento, sgombrando il campo da facili entusiasmi e, soprattutto, da promesse miracolistiche.
Il paziente, dal canto suo, dovrà avere, ovviamente ben chiaro, di dover porsi in un atteggiamento attivo, positivo e costruttivo verso il lavoro che andrà a svolgere, per cui dovrà essere disponibile verso un lavoro su sé stesso del quale l’effetto non potrà essere immediato e, a questo proposito, dovrà comprendere che conoscere sé stessi ha dei passaggi prestabiliti con dei tempi obbligati.
Perché lo scopo dello psicoterapeuta non è quello di far scomparire dei “sintomi disturbanti”, bensì quello di ritrovare un equilibrio globale e questa ricerca passa attraverso una rielaborazione di ciò che ha condotto precedentemente gli scompensi che hanno portato alla richiesta di una psicoterapia.
Se è vero che esistono delle terapie “brevi” o “focali”, è pur vero che questi particolari tipi di approccio hanno delle indicazioni limitate e spesso, purtroppo, risultati effimeri, perché il fine della psicoterapia dovrebbe essere quello di restituire all’individuo la capacità di guidare attivamente la propria vita e, se certi sintomi scompaiono per miracolo, è difficile che non si riproporranno.
Ecco perché lo psicoterapeuta chiederà la disponibilità ad investire del tempo, perché deve essere chiaro, fin dall’inizio, che questo è un lavoro per il quale è necessario un tempo che potrebbe rivelarsi lungo e questo deve essere chiarito prima, in quanto il paziente dovrà riservare una o più ore della propria settimana per le sedute,.
Durante quelle ore dovrà essere attento, attivo, concentrato, qualsiasi sia l’impostazione terapeutica seguita, perché il paziente sta facendo un investimento sulla propria vita e come tale è nel suo interesse rendersi conto sempre di che cosa sta succedendo, sia che si tratti dell’impegno per riportare i propri sogni, sia che si tratti dell’attenzione ai propri dialoghi interni.
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