Psicoterapia: l’importanza di integrità e rispetto verso il paziente
Negli ultimi anni sono sempre più numerose le persone che cercano aiuto nella psicoterapia e sempre più frequenti i casi riportati dai mass-media di abuso sessuale, piuttosto che di plagio nei quali sono coinvolti gli psicoterapeuti ed i loro pazienti.
Infatti in un contesto che il paziente ritiene riservato e “protetto”, uno psicoterapeuta può sfruttare le informazioni e la qualità affettiva della relazione terapeutica non tanto per raggiungere degli obiettivi squisitamente terapeutici, quanto per soddisfare i suoi interessi e bisogni personali.
Il motivo principale nei casi di violazione della deontologia professionale è nella natura ambigua e asimmetrica della relazione terapeutica che, proprio in virtù di queste caratteristiche fondamentali, potrebbe condizionare il paziente, rendendolo estremamente vulnerabile alle manipolazioni di un terapeuta scorretto.
I motivi principali che possono favorire il verificarsi del condizionamento del paziente, sono quelli per cui, prima di tutto, attraverso la relazione terapeutica avviene una potente influenza del terapeuta sulla vita del paziente, poi la progressiva dipendenza emotiva del paziente che si affida alla guida e al sostegno del terapeuta, infine una grandissima intimità che facilita l’espressione emotiva del paziente e la comunicazione delle sue esperienze profonde e dei segreti più nascosti, imbarazzanti, umilianti.
La relazione terapeutica è un rapporto interpersonale che si sviluppa su due livelli
- uno personale/professionale
- e l’altro affettivo
Il rapporto tra paziente e psicoterapeuta è asimmetrico e non paritario
A differenza delle interazioni simmetriche basate sull’uguaglianza e la reciprocità, come, ad esempio, i rapporti di amicizia intima pure le relazioni romantiche, la relazione terapeutica è di tipo asimmetrico, in quanto c’è una ripartizione di potere ineguale con un differente apporto di risorse fra gli individui che partecipano alla relazione e, anche se la reciprocità è una delle caratteristiche principali del rapporto terapeutico, tuttavia non si può certo parlare di una relazione paritaria.
Di solito un paziente che si rivolge allo psicoterapeuta per chiedere aiuto, lo fa in quanto lo ritiene e lo riconosce in qualità di esperto nel trattamento di problemi psicologici, infatti il paziente attribuisce al terapeuta risorse e competenze che derivano dalla sua persona e dal suo addestramento professionale e, anche per questi motivi, gli riconosce l’onorario che viene richiesto.
Da parte sua, il terapeuta, secondo quanto afferma il D.S.M. , ovvero il Manuale Statistico e Diagnostico de Disturbi Mentali, ha la responsabilità di applicare le sue competenze al fine di prevenire o migliorare i problemi psicologici e comportamentali dei pazienti che si sono rivolti a lui.
Lo psicoterapeuta è un professionista che ha ricevuto un addestramento specializzato e per questo ha una qualifica di competenza, come garantiscono i diplomi, gli attestati e le licenze appesi alle pareti dello studio clinico.
Oltre a questi aspetti, anche
- le restrizioni temporali, ovvero il luogo in cui avviene l’incontro e quindi, probabilmente, la stanza del terapeuta
- lo scopo per cui avviene, ovvero il tentativo di risolvere i problemi del cliente
- e la durata, visto che la terapia deve terminare quando il cliente ha superato i suoi problemi e non per disaffezione o disinteresse
sono tutti elementi che confermano la natura professionale ed asimmetrica di questa interazione e che la rendono estremamente differente dalle altre relazioni personali intime.
Pur tuttavia, esistono pure degli aspetti della relazione psicoterapeutica che segnalano l’esistenza di un livello affettivo interpersonale nel quale lo psicoterapeuta può assumere e/o gli viene assegnato il ruolo
- di genitore
- di guida
- di fratello
- di amico
- oppure anche di partner idealizzato
Infatti l’intimità ed il coinvolgimento che si crea in un contesto terapeutico produce una vasta gamma di reazioni emotive sia nel paziente verso il terapeuta, ovvero il transfert, che nel terapeuta verso il paziente e quindi il controtransfert.
L’ascolto dei pensieri e delle emozioni più nascoste del paziente suscitano nel terapeuta delle risposte che possono andare dall’attrazione al trasporto sentimentale, oppure, al contrario, dall’irritazione al rifiuto.
Infatti, mentre alcune volte l’attrazione interpersonale può dar seguito al coinvolgimento sessuale, altre volte possono nascere dei sentimenti di rabbia che spingono il terapeuta a “punire” il paziente invece che aiutarlo, oppure a criticarlo sadicamente piuttosto che sostenerlo.
La fiducia, la riservatezza, il calore, l’attenzione, il sostegno, la sensibilità presenti nelle relazioni intime possono essere utilizzate da uno psicoterapeuta con una scarsa etica personale e professionale per ottenere dei vantaggi non propriamente terapeutici, che rappresentano dei veri e propri abusi sul paziente e, poiché è molto difficile per i pazienti capire quanto il terapeuta è corretto e rispetta i principi etici della deontologia a favore di un rapporto professionale finalizzato alla risoluzione del problema.
Riporterò un caso che potrebbe, erratamente, far pensare all’idea dell’abuso.
Una ragazza con una tremenda ansia si era rivolta ad Erickson, in quanto il suo comportamento era estremamente rigido e limitato, aveva rituali circa il vestirsi, il leggere la posta, si sedeva solo su certi oggetti, viveva solo in certi appartamenti e aveva una compulsione costante nel lavarsi, al punto da passare, in certi giorni, anche dieci giorni sotto la doccia.
Erickson le consentì di raccontare quale brutta e intensa ansia provasse mentre si lavava e quanto si sentisse completamente assorbita da un’ansia così tremenda al punto che non si sarebbe accorta di nient’altro, nemmeno di qualcuno che la guardava.
A questo punto, Erickson le disse che se era vero che era così assorbita da quest’ansia tremenda, non le sarebbe importato nulla se lui l’avesse guardata, al che la ragazza sobbalzò, restando a bocca aperta e, anche se Erickson non aveva detto che lo avrebbe fatto, la ragazza non voleva nemmeno contemplare tale possibilità, dovendo, quindi, ammettere che non lo avrebbe voluto in bagno con lei.
Erickson insistette, ribadendo la sua posizione,
“sicuramente sarai talmente assorta dall’ansia che non ti accorgerai neppure che io sono lì“.
A questo punto l’ansia della ragazza non sembrava più la cosa peggiore che potesse capitarle, per cui Erickson sottolineò
“veramente non è poi così male che tu sia così assorbita dalla tua ansia al punto tale che non ti accorgeresti del fatto che ti sto guardando, di fatto mi piacerebbe pensare che potrei intrufolarmi nel tuo bagno senza che tu te ne accorga“.
Erickson sottolineò quanto il semplice fatto di chiedersi se lui poteva entrare e chiacchierare era stato sufficiente per distrarla.
In terapia un’esca emozionalmente rilevante può essere utilizzata per distrarre il cliente in modo tale da restringere l’attenzione e tenere lontano gli aspetti della situazione che altrimenti sarebbero spaventosi.
Infatti, mentre la ragazza descriveva le sue abitudini circa il lavarsi, Erickson iniziava un processo di desensibilizzazione sistematica alla quale la ragazza non aveva opposto alcuna resistenza non avendola riconosciuta come una procedura e questo è un importante esempio di come la distrazione può essere utilizzata a molteplici livelli.
Nel momento in cui la ragazza ha capito che stava provocando in un uomo l’immaginazione del suo essere nuda sotto la doccia, l’unico modo per uscire da questa situazione era quello di convincersi che la sua ansia non era poi così tremenda dall’impedirle di notare la presenza di qualcuno in bagno con lei e questo intervento consentì di diminuire l’intensità dell’ansia.
In conclusione del discorso sugli abusi, questo caso sottolinea quanto l’integrità di Erickson ed il rispetto verso la sua paziente abbiano contribuito al successo dell’ intervento
Certamente lui non sarebbe mai entrato nell’appartamento mentre lei faceva la doccia, ma se la paziente avesse sospettato una proposta sessuale i risultati sarebbero stati disastrosi, infatti Erckson aveva fatto capire che lui non lo avrebbe mai fatto e che, a tal proposito, non c’era proprio nulla di che preoccuparsi.