Donna "mentalmente ammalata" e la tecnica della frammentazione
Per questo la donna si sentiva stressata e diventava sempre più nervosa anche perché tutto questo trambusto che lei sentiva le turbava il sonno al punto da non consentirle di addormentarsi.
Nel suo racconto, aveva aggiunto che suo marito aveva tentato di discutere con lei al fine di convincerla nel riconoscere che non era possibile sentire dei rumori che provenissero dal fondo della strada, mentre lei insisteva che poteva essere in grado di sentire persone che anche soltanto stessero respirando anche a distanza di pochi caseggiati, e più il marito cercava di dissuaderla, più lei diventava furibonda.
Erickson, dopo aver ascoltato la sua storia, le disse che si sarebbe dovuta recare in un ospedale psichiatrico e che non avrebbe più dovuto recarsi presso altri psichiatri privatamente. Ma soltanto all’interno di una struttura psichiatrica come paziente interna.
La donna rispose: pensa che io sia matta?
Domanda alla quale Erickson rispose con un tono di voce molto serio e persuasivo che si sarebbe assolutamente vergognato se si fosse espresso attraverso il termine matto. Nel senso che lui, in qualità di psichiatra, non usava mai quel tipo di linguaggio, in quanto, al contrario, secondo il suo parere, la signora era da considerare mentalmente ammalata.
Infatti, le spiegò che le diceva questo allo stesso modo che se le avesse dovuto dire che era fisicamente ammalata, dopodiché aggiunse per precisare, che per le malattie fisiche ci si reca presso gli ospedali che curano le malattie fisiche, mentre per le malattie mentali ci si reca preso gli ospedali che curano le malattie mentali.
La signora accettò il responso di Erickson
Lo fece discutendone con lui in modo intelligente, anche se concluse che necessitava di ritornare a casa per poterci pensare su con calma ma, di lì a pochi giorni.
Fu proprio lei ad insistere per essere ammessa in un ospedale psichiatrico come paziente affetta da una malattia mentale, nonostante il marito avesse tentato di convincerla che sarebbe stato meglio recarsi presso altri psichiatri privatamente, disconoscendo la tesi di Erickson. Perché, secondo lui, mai nessuno, fino a quel momento, era stato così pessimista e diretto.
La decisione della signora di essere ricoverata presso un ospedale psichiatrico, invece, era stata, in realtà, molto corretta, in quanto successiva alla conclusione che, riflettendoci, aveva capito che non riusciva mai a pensare bene alle cose perché era sempre troppo nervosa.
Mentre il marito stesso le aveva detto che non poteva essere vero che sentisse le voci ad una distanza così grande, questo psichiatra aveva avuto ragione nelle sue considerazioni ed era stato onesto con lei come mai nessun altro al punto da averle detto che era mentalmente ammalata.
La mia esperienza come psicologo
Quando ricevo nel mio studio di psicologo persone che hanno bisogno di diagnosi accurate della loro malattia e dò loro il responso, spesso mi capita di sentirmi dire che è veramente rilassante sentirsi dire quello che sto’ dicendo e lo stesso risultato mi succede dopo aver somministrato un test psicodiagnostico.
Infatti, in questi ultimi anni alcuni ricercatori (Finn & Tonsager, 1977) hanno collezionato un considerevole numero di dati che, a suffragio di questi comportamenti, indicano che una diminuzione significativa di sintomi psicologici e psicosomatici può essere raggiunto anche solo semplicemente somministrando un MMPI e presentando poi i risultati durante una seduta di feedback.
Il beneficio terapeutico si ottiene senza l’uso di nessun intervento terapeutico formale, in quanto la condivisione della valutazione psicopatologica offre al paziente un nuovo vocabolario che frammenta, semplificandoli e spogliandoli della loro componente allarmistica, la percezione degli eventi.
La presa di coscienza della sua condizione insieme ad una persona competente gli fa’ percepire meno pesante il sovraccarico, rendendolo meno confuso, perché, finalmente, può separare il problema derivante dai disturbi psicologici dagli altri problemi derivanti dal vivere quotidiano.
Mentre prima che il problema gli fosse presentato in modo così frammentato il paziente era meno capace di ritrovare energie da destinare alla soluzione del problema, proprio a causa di un’idea generalizzata del tipo di avere il pensiero di essere una persona incapace di affrontare la vita, piuttosto che matta.
Questi pensieri stigmatizzanti inglobano l'identità
Senza lasciare il benché minimo spazio per la guarigione. Seguendo il processo della frammentazione, il paziente diventa in grado di pensare di essere una persona che soffre di una depressione che potrà curare recandosi in terapia, magari facendo più ginnastica, leggendo libri di auto aiuto e svolgendo molte attività competitive, ovvero al paziente vengono indicate una direzione, uno scopo. Cosa più importante di tutte in assoluto, una speranza.